Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana quest’anno la solenne festa dei lavoratori non vedrà la consueta presenza dei cortei, delle manifestazioni, dei concerti e dei concertoni organizzati dalle forze sindacali nelle piazze delle principali città italiane. Le strade saranno deserte. Non ci saranno bandiere, striscioni, fischietti, nessuno porterà fiori sulle lapidi delle decine di migliaia di lavoratori caduti nello svolgimento del proprio dovere. Non ci sarà niente di tutto questo. Solo il silenzio delle piazze vuote e la tristezza per un Primo maggio che rimarrà profondamente impresso nelle nostre coscienze.

Non era mai accaduto. Perfino durante l’occupazione tedesca sparuti e temerari gruppi di operai organizzarono cortei a Milano, a Torino, a Napoli, sfidando la morte e le rappresaglie del nemico. Questa volta non sarà possibile, dovremo restare tutti a casa. Ci sono momenti nella vita e nella storia di un paese nei quali si avverte in modo drammatico il peso del presente e l’incertezza del futuro: questo che stiamo vivendo lo è forse più di tutti gli altri che l’Italia e il mondo hanno vissuto nel recente passato.

In questi due mesi di emergenza i lavoratori italiani hanno dimostrato ancora una volta di essere la parte migliore del paese: non solo i lavoratori della sanità pubblica impegnati in prima linea ma anche tutte le donne e gli uomini dei servizi essenziali della pubblica amministrazione, delle forze dell’ordine, della polizia locale, gli impiegati e gli operai delle aziende che hanno riconvertito la loro produzione immettendo sul mercato dispositivi di protezione individuale che il nostro paese non produceva, i lavoratori dei trasporti, tutti quei lavoratori costretti a rimanere a casa dai provvedimenti governativi e che hanno rispettato in modo civile ed ordinato la legge, tutti noi che abbiamo portato sulle nostre spalle la responsabilità della sopravvivenza delle nostre famiglie, delle nostre comunità, dell’intero paese.

Molti tra noi in queste settimane hanno sentito nei loro cuori e nelle loro coscienze la verità storica della centralità del lavoro umano nel complesso della vita civile. Il salario è necessario alla sopravvivenza e alla qualità della propria esistenza e di quella dei propri cari ma non è l’aspetto centrale del lavoro, lo è invece la partecipazione di ognuna e di ognuno alla costruzione della società nel suo insieme e al benessere collettivo attraverso il proprio impegno, il proprio sudore.

Questa verità è sempre presente, ma lo è ancor di più oggi che molte delle certezze che credevamo acquisite vacillano alla luce sinistra di quanto sta avvenendo e ci si sente maledettamente soli. Il lavoro è il motore del mondo. Senza il lavoro dell’uomo la macchina della civiltà si arresta. Tutti i lavoratori sono fratelli.

Sono concetti semplici, forse banali, e tuttavia necessari e vitali oggi che siamo chiamati a resistere e a mettere le basi della società nuova che verrà dopo la pandemia. Prendiamoci idealmente per mano, tutti, lavoratrici e lavoratori di ogni settore, impiegati, operai, lavoratori in divisa, stringiamoci e sentiamoci uniti in un’unica grande forza, quella stessa forza che nei momenti peggiori della storia ha scritto pagine memorabili di generosità e di eroismo.

Avremo bisogno di tutti, e tutti dovranno dare il loro contributo. Le basi economiche e sociali del paese stanno andando in pezzi. Toccherà a noi lavoratori ricostruirle daccapo.

BUON PRIMO MAGGIO

La Segreteria CSA Napoli